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La Guerra Fredda: lo scenario mondiale

Lo sviluppo delle economie nazionali e la democratizzazione non seguirono una via lineare.

Ai primi degli anni Settanta si cumularono in campo economico gli effetti di una confusione monetaria e di una improvvisa crisi petrolifera: le economie sviluppate ne rimasero congelate, in un ciclo perverso di stagnazione e inflazione. Negli anni Ottanta e Novanta si alternarono i segni della ripresa (dovuta alle ristrutturazioni ed all'introduzione di nuove tecnologie) e della crisi (soprattutto in termini di occupazione). Da questo complesso di eventi le gerarchie fra le potenze uscirono modificate, con una ascesa della Germania e del Giappone: la loro crescita - insieme ad un declino relativo degli USA - rendeva il mondo tendenzialmente sempre meno bipolare. Tutto il mondo e perfino lo stesso mercato americano si trovò inondato di merci giapponesi a buon prezzo, anche ad alta tecnologia.

In politica internazionale la pesante sconfitta subita dagli Usa nel Vietnam trasformò una delle numerose crisi regionali in una disfatta ideologica e politica per la superpotenza statunitense. Nel frattempo l'avvio di un declino degli Usa, naturale in un mondo che stemperava il bipolarismo rigido della prima Guerra Fredda, si coniugava ad un dinamismo diplomatico sovietico (e cinese), ad un'avanzata delle Sinistre in Europa, alle irrequietezze ed ai conflitti dei paesi del Terzo Mondo. Si delineava una situazione nuova, multipolare, che non poteva essere ribaltata né dall'allentamento del "complesso del Vietnam" negli USA (grazie anche ad una ripresa economica liberista e ai progetti di riarmo della presidenza Reagan) né dal ritorno di un vento conservatore sull'Europa (si pensi alla Londra del governo della signora Thatcher, impegnatasi nel 1982 nella riconquista militare delle isole Falkland-Malvinas invase dall’Argentina). In un mondo le cui gerarchie apparivano mutare, sempre più interdipendente e modernizzato, ormai avvolto da una società della comunicazione e cablato da reti di ogni tipo, le scelte che divisero l'Europa e acuirono gli squilibri sociali: con la lotta fra le superpotenze apparvero anacronistiche. Il "campo socialista" non riuscì a tenere l’unità del sistema: fermenti riformistici interni, smacchi diplomatici e militari, crisi economica portarono l'Est sulla via del collasso.

Ma, ancora una volta, il ventennio seguito alla grande crisi petrolifera non ha visto solo il confronto politico est-ovest. Fondamentali trasformazioni economiche e sociali hanno avuto luogo in altre aree.

Il Terzo Mondo si è ulteriormente articolato: alcuni Paesi hanno conosciuto fasi di industrializzazione (talora di militarizzazione, raramente di democratizzazione), mentre altri sono sprofondati nella povertà e nella miseria, e spesso nelle guerre, del Quarto Mondo.

La vita degli individui nei paesi sviluppati si è invece allungata, la scolarizzazione si è diffusa, le donne sono entrate ancora maggiormente nella struttura direttamente produttiva, le giovani generazioni hanno avuto conforti e sicurezze che nessuna altra generazione aveva mai provato. Il mondo del lavoro si è ulteriormente trasformato: è crollato il lavoro agricolo, è calato quello industriale, è cresciuto il terziario dei servizi e dei commerci. Si è ancora di più diffuso un modello di vita imperniato sui consumi e sulla disattenzione per l'ambiente, una risorsa però non più rinnovabile.

Mentre le società cambiavano, la crisi della politica tradizionale seguiva il suo corso: sino al crollo definitivo del bipolarismo tra il 1981 e il 1991.

Bibliografia

Ennio Di Nolfo, Storia delle relazioni internazionali 1918-1992, Roma-Bari, Laterza, 1994

Carlo Pinzani, Da Roosevelt a Gorbaciov. Storia delle relazioni fra Stati Uniti e Unione Sovietica nel dopoguerra, Firenze, Ponte alle Grazie, 1990