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Riforma e Controriforma
Agli inizi del Cinquecento la chiesa di Roma vive uno dei momenti più drammatici di tutta la sua storia. Le voci che reclamavano una maggiore coerenza tra la condotta della gerarchia ecclesiastica e l'insegnamento del Vangelo si sommano adesso a quelle che mettono in discussione l'interpretazione di alcune pagine fondamentali delle sacre scritture. Non si è più in presenza di generosi, quanto confusi, tentativi di riforma portati avanti da uno qualunque dei tanti movimenti ereticali di cui è punteggiata la storia della chiesa in occidente. Ora, con Martin Lutero, un monaco ben consapevole della dimensione culturale e politica della sua attività di predicazione, si scardinano alcune radicate convinzioni teologiche e si mette apertamente in discussione la struttura gerarchica della chiesa e il suo potere temporale. Con la riflessione sulla lettera ai Romani di S. Paolo (avvenuta negli anni attorno al 1515) secondo la quale "il giusto vivrà per mezzo della fede" (Romani, I, 16-18), Lutero comincia il suo percorso di revisione teologica. L'uomo si salva per mezzo della fede: non sono più dunque quelle forme di esteriore devozione cui erano chiamati fino ad allora i cristiani (come le elemosine o i pellegrinaggi o le penitenze) a far guadagnare al fedele il regno di Dio. A queste affermazioni di Lutero la chiesa reagì in modo durissimo: il monaco ribelle fu dapprima invitato a ritrattare, poi fu scomunicato, quindi messo al bando da Carlo V, ma la protezione che ricevette da diversi principi tedeschi lo salvò dal rogo e aumentò il suo prestigio personale e la sua fama. Appoggiato da numerosi intellettuali e uomini di fede come Melantone, al sicuro nel castello di Wartburg, tradusse la Bibbia in tedesco, mentre la sua dottrina faceva proseliti numerosi, suscitando anche ingenue speranze di egualitarismo sociale tra i diseredati e i contadini. Sull'esempio di quanto accadeva nella Nazione tedesca, il luteranesimo si espanse rapidamente a Nord delle Alpi: in Svizzera si diffuse precocemente a Berna per opera di Berchtold Haller, a Basilea grazie a Giovanni Ecolampadio, a Zurigo con Hulderich Zwingli; in tutti questi luoghi il luteranesimo assunse sfumature teologiche peculiari. Zwingli, in particolare, riteneva che nella celebrazione dell'eucarestia non vi fosse la presenza (il corpo e il sangue) di Cristo come andavano sostenendo da secoli tutti i cristiani, ma che essa fosse solo una commemorazione simbolica del sacrificio della divinità. Il contrasto teologico tra Lutero e Zwingli si trasformò anche in contrapposizione politica, tanto che gli stessi luterani si allearono con i cattolici per combattere le idee di quest'ultimo. Tra le schiere dei riformatori religiosi che si agitarono nel mondo Nord-europeo sono da ricordare anche gli Anabattisti, scrupolosi nel seguire le istruzioni contenute nelle sacre scritture, essi rifiutavano il battesimo dei giovani (perché avveniva senza che fossero consapevoli di quello che stavano facendo), si proclamavano pacifisti (non volendo perciò indossare alcun tipo di arma) e si opponevano ai giuramenti nei tribunali. La loro roccaforte fu la città di Munster, ma il tentativo “comunistico” di abolire il denaro, di mettere in comune beni e prodotti, di instaurare la poligamia scatenò quivi la reazione di Filippo d'Assia che annientò quasi tutti gli anabattisti della città. In Inghilterra uno scisma, che solo in parte è legato alle vicende della riforma protestante, portò al distacco della chiesa inglese da quella di Roma. Fu uno scisma pilotato dal potere politico che introdusse alcune innovazioni nella organizzazione della Chiesa inglese, ma che non modificò l'impianto teologico e dogmatico della chiesa, che restò sostanzialmente cattolica. Con Giovanni Calvino, che espose le sue idee nella Institutio Christianae religionis (1536), si registrò una ripresa del movimento riformatore nel suo complesso. Passato per Strasburgo, per Ferrara e per diverse altre piazze europee dove aveva allignato il luteranesimo, Calvino si fermò infine a Ginevra ove (in particolare al partire dal 1541) instaurò un regime teocratico estremamente rigido se non addirittura apertamente intollerante. Tuttavia con Calvino Ginevra divenne il centro (all'Accademia Teologica) per la formazione della intelligentsija protestante. In Italia le nuove idee religiose filtrarono con più difficoltà, vista la macchina repressiva posta in atto dalla chiesa, ma non mancarono episodi, anche clamorosi, di avvicinamento al luteranesimo come quelli del Generale dei Cappuccini Bernardino Ochino, del lucchese Pier Martire Vermigli, del Vescovo di Capodistria Pier Paolo Vergerio. La chiesa già sollecitata al suo interno al rinnovamento da personalità eminenti come Egidio da Viterbo, Reginald Pole, il Sadoleto e il Contarini, (si ricordi, tra l'altro, che nel 1537 era stato steso un complessivo progetto di riforma, il cosiddetto Consilium de Emendanda Ecclesia) fu ora indotta ad una opera di auto-riforma che la portò, da un lato, sia alla riaffermazione dei suoi tradizionali dogmi di fede, sia ad una maggiore moralizzazione; dall'altro ad assumere un atteggiamento fortemente intollerante. È del 1542 la istituzione del Sant'Uffizio per l'Inquisizione, una data che segna la sconfitta delle tendenze riformatrici più moderate sorte in seno alla Chiesa cattolica e apre altri scenari di scontri durissimi sia sul piano culturale che su quello politico. È questa l'epoca della cosiddetta controriforma che copre un arco cronologico che inizia nel 1545 (Concilio di Trento) e termina alla metà del 1600. Il Sant'Uffizio era un tribunale composto da sei cardinali e da un commissario scelto tra i domenicani e diretto da un inquisitore generale. Tale organismo aveva il compito di vagliare tutti i casi di eresia per riaffermare l'autorità della chiesa come unica depositaria delle verità di fede. Moltissime furono le personalità che subirono le pesanti condanne e le torture inflitte da questo organismo ecclesiastico: tra esse basti ricordare Giordano Bruno, Tommaso Campanella, Galileo Galilei. Oltre al Sant'Uffizio la riaffermazione della fede cattolica si affidò a numerosi strumenti propagandistici; in tale opera ebbero parte rilevante i vescovi (tra essi si distinse l'arcivescovo di Milano, Carlo Borromeo) che curarono l'istituzione di scuole di dottrina cattolica, confraternite, luoghi di assistenza. Le istanze di rinnovamento e di moralizzazione finirono per acutizzare - sia sul versante cattolico che su quello riformato - il senso del peccato, il terrore del diavolo, l'ansia di salvezza, la condanna del desiderio sessuale, l'ossessione delle streghe. Bibliografia H. A. Oberman, Un uomo tra Dio e il diavolo, Roma-Bari 1987 H. Jedin , P. Prodi eds., Il Concilio di Trento come crocevia della politica europea, Bologna, Il Mulino, 1979 G. Galasso, Mentalità, comportamenti e istituzioni tra Rinascimento e decadenza, 1550-1700, ed. Milano, 1988
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