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Il Cile di Allende
Il Cile di Allende Dopo un ventennio di governo conservatore, fedele e subordinato alleato degli Usa e dei loro interessi nel Paese (specialmente nelle miniere di rame, nel settore agricolo e in quello delle comunicazioni) ed un breve esperimento democristiano, il Cile manda al potere, nelle elezioni presidenziali tenutesi nel 1970, il socialista Salvator Allende che guida l’alleanza di Unidad Popular. La coalizione ottiene poco più di un terzo dei voti (36,2%) e, senza l’appoggio democristiano, è minoritaria in Parlamento. Nonostante questo Allende intraprende la “via cilena al socialismo” con radicali riforme (nazionalizzazioni, espropri di multinazionali, riforma agraria) che provocano una forte opposizione interna e allarmano la politica statunitense. L’11 settembre 1973, quando l’economia cilena è ormai in ginocchio, il colpo di stato militare del generale Pinochet, sostenuto dagli Stati Uniti, mette fine nel sangue al governo di Allende. Lo stesso presidente rifiuta l’esilio e si suicida dopo aver combattuto in difesa del palazzo presidenziale.
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