mappamappamappasinistradestra

 


La nostra libreria

Compra i tuoi libri da www.librazioni.it


 1861. La storia del Risorgimento che non c'è sui libri di storia 1861. La storia del Risorgimento che non c'è sui libri di storia
Fasanella Giovanni
Sperling & Kupfer, 2010
€18,50


 Cucina, chimica e salute Cucina, chimica e salute
Nicoletti Rosario
Aracne, 2009
€15,00


 Quello che rimane Quello che rimane
Kidder Tracy
Piemme, 2010
€17,50



Gengis Khan

Gengis Khan

Temujin detto Gengis Khan

La vita di Temujin, nato fra il 1155 e il 1167 in una tenda piantata presso le sorgenti del fiume Onon, nell'attuale Mongolia settentrionale, è segnata in ogni momento da episodi di guerra: dalla prima giovinezza, dedicata a riacquistare beni e prestigio dopo la morte del padre in una faida tribale, alla maturità, spesa in un'espansione che appare prodigiosa. La sua prima vittoria è del 1194, quando sottomette i Merkiti del Lago Baikal, ma la serie dei successi continua nel decennio successivo con la sconfitta dei Tatari dell'Orkhon, l'assimilazione del dominio dei Kerait, la conquista dei territori dei Naiman. Nel 1206 queste ed altre tribù della regione del Gobi lo proclamano capo supremo delle genti mongole con il titolo di Cingiz Qan. Ma Gengis Khan, come viene chiamato in Occidente, non ha intenzione di fermarsi. E lancia la sua temibile cavalleria dapprima contro i nomadi turco-tatari che vivono ai margini del deserto del Gobi, poi contro i ricchi regni sedentari confinanti. Una volta costituito - nel primo quarto del Duecento - il suo immenso dominio, gli conferisce un'organizzazione basata sulla riunione regolare di un'assemblea dei capitribù, sulla creazione di una struttura di funzionari militari fortemente gerarchica, sulla designazione di governatori incaricati di riscuotere i tributi nelle zone occupate. Muore nel 1227. Nei secoli la sua fama di condottiero indomito e spietato ha completamente oscurato le sue doti di tolleranza religiosa e lungimiranza politica, che ne fecero un sincero ammiratore delle culture sottomesse, all'interno delle quali scelse spesso i quadri dirigenti del proprio impero. Gli è attribuito questo autoritratto: "Porto gli stessi cenci e mangio lo stesso cibo dei bovari e degli stallieri. Considero il popolo come un fanciullo e tratto i soldati come fossero miei fratelli. I miei progetti sempre concordano con la ragione. Quando faccio il bene, ho sempre cura degli uomini. Quando mi servo delle miriadi di miei soldati, mi pongo sempre alla loro testa. Mi sono trovato in cento battaglie e non ho mai pensato se c'era qualcuno dietro di me".