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L'espansione dell'Islam
All'inizio del VII secolo, mentre l'Europa sembra avere raggiunto un precario equilibrio con la formazione dei regni romano-barbarici e Bisanzio affronta in un gigantesco duello l'impero persiano-sassanide, nella Penisola arabica si producono eventi destinati a modificare profondamente la fisionomia del mondo mediterraneo e di quello asiatico. In questo territorio di circa tre milioni di chilometri quadrati, un'immensa distesa di steppe e deserti circondati di montagne, dal clima torrido e aridissimo, vivono popoli con vocazioni diverse. L'interno è il rifugio di tribù nomadi di beduini, dedite all'allevamento e alla razzia, fedeli a divinità impersonate da forze della natura; la parte sud-occidentale (l'attuale Yemen del Sud), grazie ad un efficiente sistema di irrigazione, ospita un'agricoltura prospera ed una società di sedentari di religione politeista; l'area nord-occidentale, l'Hegiaz, solcata da grandi vie carovaniere, pullula di mercanti e cambiavalute, in maggioranza ebrei. Forti sono le rivalità fra i diversi gruppi e, all'interno di essi, fra le tribù, i clan e le famiglie. A rendere possibile la prodigiosa evoluzione che trasforma questi elementi sparsi in un popolo combattivo, unito dalla fede in Allah, è la diffusione del pensiero di Maometto, il Profeta, fondatore della religione islamica. Tra il 612, data in cui comincia la sua predicazione alla Mecca, e il 632, anno della sua morte, questa eccezionale figura di pastore di uomini, e al tempo stesso di condottiero e organizzatore politico, impone il dominio dell'Islam all'intera Penisola arabica. Ma il grande movimento di cui Maometto si è fatto promotore è appena agli inizi. Sotto i suoi primi quattro successori (632-661), epoca in cui il califfato è ancora elettivo, gli arabi escono dai loro secolari confini e si inseriscono prepotentemente nella lotta per il controllo politico e commerciale del Medio Oriente. Il ritmo delle conquiste è bruciante: l'impero persiano viene aggredito e abbattuto, quello bizantino privato della Siria, della Palestina, dell'Egitto e della Tripolitania. La vastità dei territori conquistati pone difficili problemi organizzativi, che i nuovi dominatori superano utilizzando largamente le classi dirigenti locali e dando prova di tolleranza religiosa, ma un insidioso nemico interno - i contrasti in materia dottrinaria, sfociati nella costituzione di vere e proprie fazioni in lotta per il potere - turba gli ultimi anni di vita del califfato elettivo. Dopo l'assassinio di Alì, genero di Maometto, l'ascesa al trono di Muawiya, governatore ribelle della Siria, segna una nuova fase della storia araba. Con lui, iniziatore della dinastia degli Omayyadi (661-750), la capitale si sposta a Damasco, in un'area di antica colonizzazione bizantina, mentre il califfato diviene un regime monarchico ereditario. Sebbene frenata da numerose difficoltà e resistenze, l'espansione territoriale prosegue, e alla metà dell'VIII secolo l'impero arabo va dalle rive dell'Atlantico a quelle dell'Indo, comprendendo la Penisola iberica, l'estremità meridionale della Francia, l'Africa settentrionale, Cipro, la Siria, la Palestina, la Penisola arabica, la Persia, l'Afghanistan, parte del bacino dell'Indo e del Kirzigistan. Una possente tenaglia stringe l'Europa e il Mediterraneo, dove i regni cristiani sono costretti sulla difensiva. E' allora che si afferma la nuova dinastia degli Abbasidi, discendenti in linea maschile dalla famiglia del Profeta e in linea femminile dalla famiglia reale persiana dei Sassanidi. Il capostipite, Abu al-Abbas, sfruttando l'opposizione di elementi musulmani non arabi al califfo di Damasco, scatena una rivolta armata che conduce allo sterminio dei membri del gruppo omayyade. Sotto il suo successore, Abu Giafar al-Mansur (754-775), la monarchia "araba" diviene rapidamente un "impero musulmano", decisamente improntato a modelli amministrativi e cerimoniale persiano, ancor più chiaramente dinastico del precedente, con baricentro più a oriente, nella nuova città di Baghdad. Comincia un'epoca di splendida fioritura culturale e di crescita economica, particolarmente evidenti durante il regno di Harun al-Rashid (786-809) e di suo figlio al-Mamun (813-833), ma anche la disgregazione dell'unità politica del mondo islamico, che nei secoli IX e X vede l'affermazione di dominazioni locali sostanzialmente autonome. E' il caso del califfato di Cordova in Spagna, sotto la dinastia degli Omayyadi superstiti, che crea una civiltà raffinata e tollerante; degli Idrisidi del Marocco; degli Aghlabidi di Kairouan, presto padroni della Sicilia e di Malta; dei Tulunidi d'Egitto; dei Samanidi della Transoxiana; dei Fatimidi, destinati ad assoggettare l'intera Africa settentrionale. La vera e propria crisi, comunque, arriva solo dopo il Mille, principalmente sotto la pressione di orde di nomadi islamizzati che determinano il crollo dei califfati preesistenti, la distruzione della ricca agricoltura a giardino, l'asfissia della civiltà commerciale ed urbana creata dagli arabi. Nel 1055 i Turchi Selgiuchidi conquistano la stessa Baghdad imponendo il loro protettorato militare sul califfato abbaside; nel 1061 i Berberi si impadroniscono del Nord-Africa e della Spagna dando vita alle dinastie degli Almoravidi e più tardi degli Almohadi. Quasi contemporaneamente l'Occidente, in netta ripresa sul piano demografico, economico e militare, aggredisce i musulmani con la Reconquista, le Crociate, l'iniziativa delle repubbliche marinare e dei Normanni. Il flagello finale è la formazione della potenza mongola: all'inizio del XIII secolo la geografia politica dell'Asia viene sconvolta dalle gesta di Gengis Khan, che si impadronisce di Buchara e Samarcanda; nel 1258 gli eserciti mongoli guidati da Hulagu conquistano Baghdad e uccidono l'ultimo califfo abbaside. Bibliografia Maometto. La parola di Allah, trad. it., Milano, Electa-Gallimard M. I. Varela, A. Llaneza, L'espansione dell'Islam, trad. it., Milano, Fenice 2000, 1993 R. Mantran, L'espansione musulmana dal VII all'XI secolo, trad. it., Milano, Mursia, 1978
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