Nella Firenze comunale della seconda metà del secolo XIII, aperta a rinnovate forme di cultura per molte cause (la caduta degli ideali universalistici, a esempio, e l’affermarsi della nuova borghesia mercantile; i fermenti teorici del pensiero tomista e averroista, o della mistica francescana e platonica; e soprattutto la nuova coscienza individuale in opposizione alla virtù aristocratica), nasce il “Dolce Stil Novo'', un movimento poetico in cui la tradizione cortese medievale viene approfondita secondo originali criteri estetici e tecnici. Contrariamente ai poeti siciliani, i rimatori stilnovistici hanno ognuno un rilevato e nettissimo profilo poetico, che tuttavia non è impossibile descrivere nei confini d'una più ampia recinzione di 'scuola'': comune a tutti è intanto una particolare nobiltà espressiva, una selezione raffinata di parole e di ritmi, quella “voluta ricerca di levità fantastica e di rarefazione spirituale, per cui ogni immagine e ogni parola ci trasportano in un mondo irreale e raffinato”, della quale ha giustamente parlato Sapegno.
Anche la polemica opposizione al modello ermetico guittoniano è un dato che, insieme ad una certa esigenza teologico-flosofica, viene espresso da tutti questi poeti, E ancora un altro motivo di incontro è nell'amore concepito come estasi, come turbamento totale dell'anima e dispersione dei sensi della vita.
Per quanto riguarda poi tematica amorosa, specialmente considerata dall'angolo visuale del modello provenzale, si può dire che alla donna fa riscontro, nelle rime degli Stilnovisti, una concezione più spiritualizzata (ma anche meno schematica) della donna: ella qui tiene “d'angel sembianza” ed è sostanzialmente figura analogica di Dio, espressione di un vero e proprio ascensionale percorso teologico.
La tecnica rappresentativa dei Provenzali e dei Siciliani diventa introspettiva, e il profilo stesso della donna (pur nella sua stilizzazione cortese) si apre a una certa inquietudine conoscitiva, assente nel modello originario.
Finalmente va ricordato come alla corte reale, che era lo sfondo immaginario della poesia provenzale e siciliana, si sostituisce qui una corte ideale di spiriti eletti, orgogliosamente uniti intorno a un mito rinnovato dell'aristocrazia intellettuale: con l'evoluzione sociale del Comune infatti, il concetto stesso di gentilezza ha perduto quel significato di “nobiltà di stirpe” che ebbe nella società feudale e mantenne alla Curia federiciana ed ha assunto un significato nuovo di “perfezione morale e spirituale”, fondata sull'”altezza d’ingegno”
G. Getto, G. De Rienzo, G. Ficara, R. Tessari; Antologia e storia della letteratura italiana, La scuola, 1981