Ciacco dell'Anguillara, Mentr'io mi cavalcava

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Mentr'io mi cavalcava
odivi una donzella:
forte si lamentava
e diceva: «Madre bella,
lungo tempo è passato
che deggio aver marito
e tu non lo m'hai dato
. . . .
La vita d'esto mondo
nulla cosa mi pare.
Quand'altri va giocondo,
me ne membra penare».
. . . .
. . . .
. . . .
. . . .
La madre li risponde:
«Figlia mia benedetta,
se l'amor ti confonde
de la dolce saetta,
ben t'en puoi sofferere.
Tempo non è passato
che tu potrai avere
ciò c'hai desiderato».
. . . .
«Per parole mi teni
tutt'or così dicendo:
questo patto non fina,
ed io tutt'ardo ed incendo.
La voglia mi domanda
'Na cosa che non suole:
luce più chiar che 'l sole;
per ella vo languendo».
«Oi figlia, non pensai
sì fossi mala tosa;
chè ben conosco omai
di che se' golïosa;
chè tanto m'hai parlato.
Non s'avvene a pulzella
credo che l'hai provato,
sì ne sai la novella.
Lascioti, dolorosa
. . . .
. . . .
. . . .
. . . .
. . . .
. . . .
. . . .
Canzonetta novella,
moviti a la palese,
E vanne a la donzella
che sta ne le difese.
A Saragozza la manda,
e va fedelemente:
Cantala ad ogni banda
per la rosa piacente.